Le
L'isola di Lipari
è la maggiore dell'Arcipelago Eoliano. Abitata sin dal V millennio a.C.
conta una popolazione residente sull'isola tutto l'anno, di circa 12.000
abitanti. La sua cittadina si estende ai piedi dell'imponente rocca
del Castello e lungo le insenature a Nord e a Sud, di Marina Corta e
Marina Lunga. Le altre frazioni abitate dell'isola sono, Pianoconte,
Quattropani, Acquacalda, Lami, Canneto e Pirrera.
Le
case antiche in stile eoliano venivano costruite con i materiali esistenti:
la calce idrata che era leggera e facile da trasportare con le navi
e veniva usata con la sabbia per fare la malta, le pietre del posto,
pali di castagno o di abete per i travi.
I muri esterni erano spessi e costruiti a sacco; le case più antiche
avevano uno strato esterno di pietre e malta di calce e dentro lo spessore,
a volte anche di 80 o 100 cm, terreno e pietre. I solai erano costruiti
utilizzando una tecnica particolare: travi posti a 40 cm l'uno dall'altro,
stuoie di canne sui travi, uno strato di pietre, malta di calce e sabbia
battuta bene che diventava dura e compatta come cemento armato.
A Lipari è possibile affittare
ville ed appartamenti veramente due passi dal mare e dalle
spiagge.
Una curiosità costruttiva è l'antisismicità che era stata ottenuta nelle
costruzioni: fondazioni fatte con pietre "vive" (cioè particolarmenti
pesanti e dure), mura a sacco con pietre vive, terreno e malta e solai
con strato di pietre "morte" (cioè leggere e friabili). In questo modo
la casa aveva una base pesante, mura robuste e solaio leggero e poteva
"galleggiare" sul terreno in caso di scosse. Alcune delle case più antiche,
anche su due livelli, avevano mura più spesse e fondazioni a volte profonde
appena 30 cm. Lo stile eoliano era semplice e pratico: cubi perfettamente
squadrati e facilmente costruibili; all'esterno i cubi venivano ingentiliti
con i "rifasci", bordi a sbalzo di colori diversi posti sui lati della
casa e delle porte, oppure con sculture, sempre in malta, poste sul
tetto che rappresentavano dei capperi; le case potevano essere ampliate
aggiungendo altri cubi a seconda delle necessità della famiglia semplicemente
costruendo tre pareti ed appoggiando il nuovo solaio su un lato dell'esistente;
le pareti spesse consentivano di trattenere il calore prodotto con il
braciere d'inverno e rendevano le camere fresche in estate; all'interno
della camera più importante c'era un piccolo soppalco (mezzanino) che
veniva utilizato per conservare i cibi; il bagno, piccolissimo, era
fuori della casa per motivi d'igiene, conteneva solo un sedile di muratura
ed un foro che andava dritto nel pozzo nero sottostante in modo che
non fosse necessaria l'acqua per scaricare, ma si usava la calce viva
per disinfettare; la cucina era generalmente piccola e costituita da
una fornacella a due o tre fuochi ed aveva quasi sempre un forno per
il pane. A volte due forni, uno grande il pane ed uno piccolo per i
dolci.
Nelle
case più ricche la cucina era grande e sul forno c'era un soppalco dove
era possibile dormire d'inverno al calore generato dal forno; all'esterno
della casa c'era il terrazzo con le panche (bisuoli) in muratura, colonne
(pulera) che sostenevano un pergolato a vite, il lavatoio, la vasca
per la tintura delle reti, la cisterna da cui attingere l'acqua piovana
che veniva raccolta per caduta dai tetti. La bocca della cisterna era
sempre di lato al lavatoio e questo, essendo posto all'esterno, consentiva
il recupero dell'acqua utilizzata per lavare per innaffiare l'orto antistante
il terrazzo. C'erano due tipi di magazzini: la pinnata ed il palmento.
La pinnata era un magazzino dove riporre gli attrezzi ed era costituita
da un solaio appoggiato ad una parete della casa o semplicemente ad
un muro ed aperta su almeno un lato. Il palmento era il posto dove si
pestava e si raccoglieva il vino con un ingegnosissimo sistema di torchiatura
con leve e massi che consentiva a pochissime persone di fare una mole
di lavoro enorme.
Il
palmento era costituito da grandi torchi a mano e da vasche di cemento.
I parmentari erano addetti alla pigiatura. Piedi nudi e calzoncini corti,
reggendosi ad alcune funi che pendevano dal soffitto, saltellavano sull'uva
posta su delle travi che colpivano le vasche. Il succo, attraverso gli
spazi esistenti tra le travi, si depositava sul fondo della vasca. Ultimata
la pigiatura, si separavano i raspi dalla buccia che invece si lasciava
fermentare con il succo per 12 o 24 ore. Successivamente il mosto passava
in un'altra vasca collegata con la prima attraverso un foro ed era così
separato dalle bucce. Queste ultime erano raccolte nel torchio per essere
torchiate.
Quest'operazione era molto importante perché il succo che ne era ricavato,
"u conzu", era il più pregiato e serviva a dare colore, aroma e tenuta
al vino. Il mosto era quindi distribuito nei barili, trasportati a spalla
nelle cantine e travasati nelle botti.
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